Il Cav si sente in trappola: non si fida di Napolitano ma valuta la richiesta di grazia

L’ordine di scuderia che passa tra i colonnelli del Pdl sulle parole di Giorgio Napolitano è chiaro: non attaccare il Quirinale, essere concilianti, prendere tempo. La cifra la dà Paolo Romani, falco per eccellenza, in costante filo diretto con Arcore: “Nella nota del Colle ci sono alcune aperture significative – spiega il ministro – Dalla possibilità di approfondire il tema della grazia al riconoscimento che le critiche del nostro partito sono legittime. Certo, poi ci sono anche ombre, ma il giudizio è complessivamente positivo”.

“Una riflessione che lascia aperti spazi significativi per quello che riguarda il futuro”, concorda Fabrizio Cicchitto. Che fa professione di accortezza: “Bisogna misurarsi con questa prima presa di posizione del presidente della Repubblica con senso di responsabilità e spirito costruttivo”. C’è poi Maurizio Gasparri, che legge nelle parole del Quirinale “spiragli per un prosieguo positivo della vicenda”. E chiosa: “Non è una nota di chiusura”.

Ciliegina sulla torta, arrivano le parole della pasionaria Michaela Biancofiore: “C’è la conferma della leadership politica di Berlusconi”.

Questione chiusa? Dalle parti di Arcore il giudizio sul testo del Colle non è idilliaco. Anzi. Il Cavaliere ha atteso per tutto il giorno chiuso nel suo fortino quello che è stato percepito come un vero e proprio “quarto grado della sentenza Mediaset”. Con lui, nella war room, i fedelissimi Gianni Letta, Denis Verdini e Daniela Santanchè, insieme al pool di avvocati che lo assistono. Quel che filtra dal buen retiro del leader azzurro non è così conciliante come quanto dichiarato dai colonnelli.

Continua sull’Huffingtonpost.