Governo, renziani e minoranza Pd d’accordo: sì alla riforma del lavoro, no a togliere l’art. 18

L’articolo 18 non si tocca. Nonostante i tanti suggerimenti che arrivano al governo da aziende e imprenditori, il governo è intenzionato a non smontare un totem delle battaglie giuslavoristiche degli ultimi vent’anni. O meglio, per dirla con Davide Faraone, responsabile Welfare del Partito democratico, “non vogliamo impantanare la discussione su quel punto, perché gli strumenti che stiamo approntando lo supereranno nei fatti”.

Il Pd, e in particolare l’entourage renziano di cui Faraone è membro della prima ora, sa che sulla riforma del lavoro si gioca una buona percentuale del possibile innalzamento della tensione sociale in vista dell’autunno. Susanna Camusso ha rotto gli indugi: “Proporremo al direttivo una manifestazione, una ‘Piazza per il lavoro’, che si svolgerà nei primi dieci giorni di ottobre”, ha spiegato nella trasmissione preserale di Giovanni Floris. Niente sciopero per ora. Ma l’annuncio è arrivato qualche minuto dopo quello di Maurizio Landini, che pure con Palazzo Chigi coltiva un certo feeling, ma che ha scelto da subito la linea dura: “La direzione della Fiom sottoporrà all’assemblea nazionale una manifestazione nazionale per il 25 ottobre e un pacchetto di otto ore di sciopero”.

Nel mirino dei sindacati proprio i paventati tentativi di mettere le mani allo Statuto dei lavoratori: “Invece di concentrare la discussione sull’abolizione dell’articolo 18 proporremo noi una modifica dello Statuto perché diventi inclusivo di tutte le forme di lavoro”, ha spiegato Camusso. Ma più in generale brucia un aspetto che gli stessi uffici del Senato hanno sottolineato nella relazione tecnica di accompagnamento al decreto del governo: “Preliminarmente all’adozione del presente intervento regolatorio non è stata avviata alcuna consultazioni con le parti sociali”.

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